Letteratura

Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, 1890

Hallward si guardò in giro, interdetto. Pareva che da anni nessuno avesse abitato quella camera. Un arazzo fiammingo sbiadito, un quadro velato, un vecchio cassone italiano, una libreria quasi vuota; non pareva ci fosse altro, poi una tavola e una seggiola. Mentre Dorian Gray accendeva una candela mezza consumata che era sulla ciminiera, vide che tutto era coperto di polvere, e il tappeto andava a pezzi. Un sorcio corse via rumorosamente fra gli assiti. C’era un umido tanfo di muffa. "Dunque tu credi che soltanto Dio possa vedere le anime, Basil? Togli via quel panno e vedrai la mia." La voce che parlava era fredda e crudele. "Dorian, o siete pazzo, o posate", mormorò Hallward accigliandosi. "Non vuoi? Allora lo farò io", disse il giovane; strappò via la stoffa, e la gettò sul pavimento.
Un grido d’orrore proruppe dalle labbra del pittore, quando vide il viso ripugnante che gli ammiccava dalla tela. In quella espressione c’era qualcosa che lo riempiva di nausea e di schifo. Dio buono!
Ma era il viso di Dorian Gray quello che stava guardando? Tutte le infamie non avevano ancor cancellato completamente la meravigliosa bellezza. C’era ancora dell’oro nei radi capelli, dello scarlatto sulle labbra sensuali. Gli occhi corrotti conservavano sempre un poco del loro bellissimo azzurro, e il puro profilo dalle delicate narici e dalla gola scultorea non era del tutto scomparso. Sì, era Dorian. Ma chi aveva fatto questo? […]
"Che vuol dire?", gridò Hallward finalmente. La sua voce gli suonò stridula e strana all’orecchio. "Anni fa, quando ero un ragazzo", disse Dorian, gualcendo il fiore che aveva in mano, "mi incontrasti, mi adulasti, e mi insegnasti ad innamorarmi di te. Un giorno mi presentasti a un tuo amico, che mi fece apprezzare le meraviglie della gioventù, e finisti un mio ritratto che mi rivelò le meraviglie della bellezza. In un momento di follia, che nemmeno ora so se rimpiangere o maledire, espressi un desiderio, una preghiera […]".
Ma quel delitto l’avrebbe perseguitato per tutta la vita? Sempre oppresso dal passato? Avrebbe veramente dovuto confessare? Mai. Non restava che una sola piccola prova contro di lui. Il quadro: ecco la prova. L’avrebbe distrutto. Perché l’aveva conservato così a lungo?
Una volta gli faceva piacere guardarlo mutare e invecchiare. Da qualche tempo non provava più questo piacere. Gli aveva tolto il sonno […]. Si guardò attorno e vide il coltello che aveva colpito Basil Hallward. Così avrebbe ucciso il passato, sarebbe stato libero. Avrebbe ucciso la mostruosa anima vivente, senza i suoi odiosi rimproveri, avrebbe finalmente potuto godere la pace.
Prese l’arma e con quella colpì il ritratto. Si sentì un grido e un tonfo. Il grido fu così dolorosamente tremendo che i servi spaventati si svegliarono ed uscirono dalle camere. […] Entrati, videro appeso al muro uno splendido ritratto del loro padrone, quale l’avevano visto l’ultima volta, in tutta la magnificenza della sua meravigliosa bellezza e gioventù. Per terra giaceva un uomo, morto, con un coltello piantato nel cuore. Era canuto, il viso raggrinzito e ripugnante. Soltanto esaminando gli anelli riuscirono a riconoscerlo.