Documenti della Chiesa

Giovanni Paolo II, Lettera agli anziani, 1999

miei fratelli e sorelle anziani!

Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo
 (Sal 90 [89], 10)

1. Settant’anni erano tanti al tempo in cui il Salmista scriveva queste parole, e non erano in molti a oltrepassarli; oggi, grazie ai progressi della medicina nonché alle migliorate condizioni sociali ed economiche, in molte regioni del mondo la vita si è notevolmente allungata. Resta, però, sempre vero che gli anni passano in fretta; il dono della vita, nonostante la fatica e il dolore che la segnano, è troppo bello e prezioso perché ce ne possiamo stancare.
Anziano anch’io, ho sentito il desiderio di mettermi in dialogo con voi. E lo faccio anzitutto rendendo grazie a Dio per i doni e le opportunità che mi ha elargito con abbondanza sino a oggi. Ripercorro nella memoria le tappe della mia esistenza, che s’intreccia con la storia di gran parte di questo secolo, e vedo affiorare i volti di innumerevoli persone, alcune delle quali particolarmente care: sono ricordi di eventi ordinari e straordinari, di momenti lieti e di vicende segnate dalla sofferenza. Sopra ogni cosa, tuttavia, vedo stendersi la mano provvidente e misericordiosa di Dio Padre, il quale "cura nel modo migliore tutto ciò che esiste", e "qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà egli ci ascolta" (1Gv 5, 14). […]
Il mio pensiero si volge con affetto a tutti voi, carissimi anziani di ogni lingua e cultura. Vi indirizzo questa lettera nell’anno che l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha voluto opportunamente dedicare agli anziani, per richiamare l’attenzione dell’intera società sulla situazione di chi, per il peso dell’età, deve spesso affrontare molteplici e difficili problemi.
Su questo tema già il Pontificio Consiglio per i Laici ha offerto preziose linee di riflessione. Con la presente lettera intendo soltanto esprimervi la mia vicinanza spirituale con l’animo di chi, anno dopo anno, sente crescere dentro di sé una comprensione sempre più profonda di questa fase della vita e avverte conseguentemente il bisogno di un contatto più immediato con i suoi coetanei per ragionare di cose che sono esperienza comune, tutto ponendo sotto lo sguardo di Dio, che ci avvolge col suo amore e con la sua provvidenza ci sostiene e ci conduce.

2. Carissimi fratelli e sorelle, riandare al passato per tentare una sorta di bilancio è spontaneo alla nostra età. Questo sguardo retrospettivo consente una valutazione più serena e oggettiva di persone e situazioni incontrate lungo il cammino. Il passare del tempo sfuma i contorni delle vicende e ne addolcisce i risvolti dolorosi. Purtroppo crucci e tribolazioni sono largamente presenti nell’esistenza di ciascuno. Talvolta si tratta di problemi e sofferenze, che mettono a dura prova la resistenza psicofisica e magari scuotono la stessa fede. L’esperienza però insegna che le stesse pene quotidiane, con la grazia del Signore, contribuiscono spesso alla maturazione delle persone, temprandone il carattere.
Al di là delle singole vicende, la riflessione che maggiormente s’impone è quella relativa al tempo che scorre inesorabile. "Il tempo fugge irrimediabilmente", sentenziava già l’antico poeta latino. L’uomo è immerso nel tempo: in esso nasce, vive e muore. Con la nascita viene fissata una data, la prima della sua vita, e con la morte un’altra, l’ultima: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine della sua vicenda terrena, come la tradizione cristiana sottolinea, scolpendo queste lettere dell’alfabeto greco sulle lapidi delle tombe.
Ma se così misurata e fragile è l’esistenza di ciascuno di noi, ci conforta il pensiero che, in forza dell’anima spirituale, sopravviviamo alla morte stessa. La fede poi ci apre a una "speranza che non delude" (cfr. Rm 5, 5), additandoci la prospettiva della risurrezione finale. […]


Un secolo complesso verso un futuro di speranza

3. Rivolgendomi agli anziani, so di parlare a persone e di persone che hanno compiuto un lungo percorso (cfr. Sap 4, 13). Parlo ai miei coetanei; posso, dunque, facilmente cercare un’analogia nella mia vicenda personale. La nostra vita, cari fratelli e sorelle, è stata inscritta dalla Provvidenza in questo ventesimo secolo, che ha ricevuto una complessa eredità dal passato ed è stato testimone di numerosi e straordinari eventi.
Come tanti altri tempi della storia, esso ha registrato luci e ombre. Non tutto è stato oscuro. Molti aspetti positivi hanno bilanciato il negativo o sono emersi da esso come una benefica reazione della coscienza collettiva. E vero tuttavia - e sarebbe ingiusto quanto pericoloso dimenticarlo! - che ci sono state inaudite sofferenze, che hanno inciso sulla vita di milioni e milioni di persone. […]

4. Se questi ricordi e queste attualità dolorose ci rattristano, non possiamo dimenticare che il nostro secolo ha visto levarsi all’orizzonte molteplici segnali positivi, che costituiscono altrettante risorse di speranza per il terzo millennio. E cresciuta così - pur tra tante contraddizioni, specie sul versante del rispetto della vita di ogni essere umano - la coscienza dei diritti umani universali, proclamati in solenni dichiarazioni che impegnano i popoli. […]
È suggestivo allora che, mentre il secolo e il millennio si avviano al tramonto e si intravvede già l’alba d’una nuova stagione per l’umanità, noi ci fermiamo a meditare sulla realtà del tempo che scorre via veloce, non per rassegnarci a un destino inesorabile, ma per valorizzare appieno gli anni che ci restano da vivere.


L’autunno della vita

5. Che cosa è la vecchiaia? Di essa a volte si parla come dell’autunno della vita - lo faceva già Cicerone - seguendo l’analogia suggerita dalle stagioni e dal susseguirsi delle fasi della natura. Basta guardare il variare del paesaggio, lungo il corso dell’anno, sulle montagne e nelle pianure, nei prati, nelle vallate, nei boschi, sugli alberi e sulle piante. C’è una stretta somiglianza tra i bio-ritmi dell’uomo e i cicli della natura, di cui egli è parte.
Allo stesso tempo, però, l’uomo si distingue da ogni altra realtà che lo circonda, perché è persona. Plasmato a immagine e somiglianza di Dio, egli è soggetto consapevole e responsabile. Anche nella sua dimensione spirituale, tuttavia, egli vive il succedersi di fasi diverse, tutte ugualmente fuggevoli. […]
Se, pertanto, l’infanzia e la giovinezza sono il periodo in cui l’essere umano è in formazione, vive proiettato verso il futuro, e, prendendo consapevolezza delle proprie potenzialità, imbastisce progetti per l’età adulta, la vecchiaia non manca dei suoi beni, perché - come osserva san Girolamo - attenuando l’impeto delle passioni, essa "accresce la sapienza, dà più maturi consigli". In un certo senso, è l’epoca privilegiata di quella saggezza che in genere è frutto dell’esperienza, perché "il tempo è un grande maestro". […]


Custodi di una memoria collettiva

9. Nel passato si nutriva grande rispetto per gli anziani. Scriveva in proposito il poeta latino Ovidio: "Grande era un tempo la riverenza per il capo canuto". Secoli prima, il poeta greco Focilide ammoniva: "Rispetta i capelli bianchi: rendi al vecchio savio quegli omaggi stessi che tributi a tuo padre".
E oggi? Se ci soffermiamo ad analizzare la situazione attuale, constatiamo che presso alcuni popoli la vecchiaia è stimata e valorizzata; presso altri, invece, lo è molto meno a causa di una mentalità che pone al primo posto l’utilità immediata e la produttività dell’uomo. Per via di tale atteggiamento, la cosiddetta terza o quarta età è spesso deprezzata, e gli anziani stessi sono indotti a domandarsi se la loro esistenza sia ancora utile.
Si giunge persino a proporre con crescente insistenza l’eutanasia, come soluzione per le situazioni difficili. […]

10. Urge ricuperare la giusta prospettiva da cui considerare la vita nel suo insieme. E la prospettiva giusta è l’eternità, della quale la vita è preparazione significativa in ogni sua fase. Anche la vecchiaia ha un suo ruolo da svolgere in questo processo di progressiva maturazione dell’essere umano in cammino verso l’eterno. Da questa maturazione non potrà non trarre giovamento lo stesso gruppo sociale di cui l’anziano è parte.
Gli anziani aiutano a guardare alle vicende terrene con più saggezza, perché le vicissitudini li hanno resi esperti e maturi. Essi sono custodi della memoria collettiva, e perciò interpreti privilegiati di quell'insieme di ideali e di valori comuni che reggono e guidano la convivenza sociale. Escluderli è come rifiutare il passato, in cui affondano le radici del presente, in nome di una modernità senza memoria. Gli anziani, grazie alla loro matura esperienza, sono in grado di proporre ai giovani consigli e ammaestramenti preziosi.
Gli aspetti di fragile umanità, connessi in maniera più visibile con la vecchiaia, diventano in questa luce un richiamo all’interdipendenza e alla necessaria solidarietà che legano tra loro le generazioni, perché ogni persona è bisognosa dell’altra e si arricchisce dei doni e dei carismi di tutti. […]


Onora il padre e la madre

11. Perché allora non continuare a tributare all’anziano quel rispetto che le sane tradizioni di molte culture in ogni continente hanno posto in valore? Per i popoli dell’area raggiunta dall’influsso biblico, il riferimento è stato, nei secoli, il comandamento del Decalogo: "Onora il padre e la madre"; un dovere, peraltro, universalmente riconosciuto. Dalla sua piena e coerente applicazione non è scaturito soltanto l’amore per i genitori da parte dei figli, ma è stato anche evidenziato il forte legame che esiste fra le generazioni. Dove il precetto viene accolto e fedelmente osservato, gli anziani sanno di non correre il pericolo di essere considerati un peso inutile e ingombrante.
Il comandamento insegna, inoltre, a tributare rispetto a coloro che ci hanno preceduto e a quanto hanno operato di bene: "il padre e la madre" indicano il passato, il legame tra una generazione e l’altra, la condizione che rende possibile l’esistenza stessa di un popolo. […]

12. "Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona del vecchio" (Lv 19, 32). Onorare gli anziani comporta un triplice dovere verso di loro: l’accoglienza, l’assistenza, la valorizzazione delle loro qualità. In molti ambienti ciò avviene quasi spontaneamente, come per antica consuetudine. Altrove, specialmente nelle nazioni economicamente più progredite, s’impone una doverosa inversione di tendenza, per far sì che coloro che avanzano negli anni possano invecchiare con dignità, senza dover temere di essere ridotti a non contare più nulla. Occorre convincersi che è proprio di una civiltà pienamente umana rispettare e amare gli anziani, perché essi si sentano, nonostante l’affievolirsi delle forze, parte viva della società. Osservava già Cicerone che "il peso dell'età è più lieve per chi si sente rispettato e amato dai giovani".
Lo spirito umano, del resto, pur partecipando all’invecchiamento del corpo, rimane in un certo senso sempre giovane, se vive rivolto verso l’eterno, e di questa perenne giovinezza fa più viva esperienza, quando all’interiore testimonianza della buona coscienza, si unisce l’affetto premuroso e grato delle persone care. […]
Tutti conosciamo esempi eloquenti di anziani con una sorprendente giovinezza e vigoria dello spirito. Per chi li avvicina, essi sono di stimolo con le loro parole e di conforto con l’esempio. Possa la società valorizzare appieno gli anziani, che in alcune regioni del mondo - penso in particolare all’Africa - sono stimati giustamente come "biblioteche viventi" di saggezza, custodi di un patrimonio inestimabile di testimonianze umane e spirituali. Se è vero che sul piano fisico hanno in genere bisogno di aiuto, è altrettanto vero che, nella loro età avanzata, possono offrire sostegno ai passi dei giovani che si affacciano all’orizzonte dell’esistenza per saggiarne i percorsi.
Mentre parlo degli anziani, non posso non rivolgermi anche ai giovani per invitarli a stare loro accanto. Vi esorto, cari giovani, a farlo con amore e generosità. Gli anziani possono darvi molto di più di quanto possiate immaginare. […]

13. La comunità cristiana può ricevere molto dalla serena presenza di chi è avanti negli anni. Penso, soprattutto, all’evangelizzazione: la sua efficacia non dipende principalmente dall’efficienza operativa. In quante famiglie i nipotini ricevono dai nonni i primi rudimenti della fede! Ma sono molti altri i campi a cui può estendersi il benefico apporto degli anziani. Lo Spirito agisce come e dove vuole, servendosi non di rado di vie umane che agli occhi del mondo appaiono di poco conto. Quanti trovano comprensione e conforto in persone anziane, sole o ammalate, ma capaci di infondere coraggio mediante il consiglio amorevole, la silenziosa preghiera, la testimonianza della sofferenza accolta con paziente abbandono! Proprio mentre vengono meno le energie e si riducono le capacità operative, questi nostri fratelli e sorelle diventano più preziosi nel disegno misterioso della Provvidenza.
Anche sotto questo profilo, dunque, oltre che per un’evidente esigenza psicologica dell’anziano stesso, il luogo più naturale per vivere la condizione di anzianità resta quello dell’ambiente in cui egli è "di casa", tra parenti, conoscenti e amici, e dove può rendere ancora qualche servizio. A mano a mano che, con l’allungamento medio della vita, la fascia degli anziani cresce, diventerà sempre più urgente promuovere questa cultura di una anzianità accolta e valorizzata, non relegata ai margini. L’ideale resta la permanenza dell’anziano in famiglia, con la garanzia di efficaci aiuti sociali rispetto ai bisogni crescenti che l’età o la malattia comportano. Ci sono tuttavia situazioni, in cui le circostanze stesse consigliano o impongono l’ingresso in "case per anziani", perché l’anziano possa godere della compagnia di altre persone e usufruire di un’assistenza specializzata. Tali istituzioni sono pertanto lodevoli, e l’esperienza dice che possono rendere un servizio prezioso, nella misura in cui si ispirano a criteri non solo di efficienza organizzativa, ma anche di affettuosa premura. Tutto è in questo senso più facile, se il rapporto stabilito con i singoli ospiti anziani da parte di familiari, amici, comunità parrocchiali, è tale da aiutarli a sentirsi persone amate e ancora utili per la società. […]
Carissimi anziani, che vi trovate in precarie condizioni per la salute o per altro, vi sono vicino con affetto. Quando Dio permette la nostra sofferenza a causa della malattia, della solitudine o per altre ragioni connesse con l’età avanzata, ci dà sempre la grazia e la forza perché ci uniamo con più amore al sacrificio del Figlio e partecipiamo con più intensità al suo progetto salvifico. Siamone persuasi: Egli è Padre, un Padre ricco di amore e di misericordia! […]

14. È naturale che, con il passare degli anni, diventi familiare il pensiero del "tramonto". Se non altro, ce lo ricorda il fatto stesso che le file dei nostri parenti, amici e conoscenti vanno assottigliandosi: ce ne rendiamo conto in varie circostanze, ad esempio quando ci ritroviamo per riunioni di famiglia, per incontri con i nostri compagni d’infanzia, di scuola, di università, di servizio militare, con i nostri colleghi di seminario... Il confine tra la vita e la morte attraversa le nostre comunità e si avvicina a ciascuno di noi inesorabilmente. Se la vita è un pellegrinaggio verso la patria celeste, la vecchiaia è il tempo in cui più naturalmente si guarda alla soglia dell’eternità.
E tuttavia anche noi anziani facciamo fatica a rassegnarci alla prospettiva di questo passaggio. Esso infatti presenta, nella condizione umana segnata dal peccato, una dimensione di oscurità che necessariamente ci intristisce e ci mette paura. E come potrebbe essere diversamente? L’uomo è stato fatto per la vita, mentre la morte […] non era nel progetto originario di Dio, ma è subentrata in seguito al peccato, frutto dell’"invidia del diavolo" (Sap 2, 24). Si comprende dunque perché, di fronte a questa realtà tenebrosa, l’uomo reagisca e si ribelli. E significativo a tal proposito che Gesù stesso, "provato in ogni cosa come noi escluso il peccato" (Eb 4, 15), abbia avuto paura di fronte alla morte: "Padre, se possibile, passi da me questo calice" (Mt 26, 39). E come dimenticare le sue lacrime davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, nonostante che egli si accingesse a risuscitarlo (cfr. Gv 11, 35)?
Per quanto la morte sia razionalmente comprensibile sotto il profilo biologico, non è possibile viverla con "naturalezza". Essa contrasta con l’istinto più profondo dell’uomo. […] Certo, il dolore resterebbe inconsolabile, se la morte fosse la distruzione totale, la fine di tutto. La morte costringe perciò l’uomo a porsi le domande radicali sul senso stesso della vita: che c’è oltre il muro d’ombra della morte? Costituisce essa il termine definitivo della vita o esiste qualcosa che l’oltrepassa? […]

16. La fede illumina così il mistero della morte e infonde serenità alla vecchiaia, non più considerata e vissuta come attesa passiva di un evento distruttivo, ma come promettente approccio al traguardo della maturità piena. Sono anni da vivere con un senso di fiducioso abbandono nelle mani di Dio, Padre provvidente e misericordioso; un periodo da utilizzare in modo creativo in vista di un approfondimento della vita spirituale, mediante l’intensificazione della preghiera e l’impegno di dedizione ai fratelli nella carità.
Sono perciò da lodare tutte quelle iniziative sociali che permettono agli anziani sia di continuare a coltivarsi fisicamente, intellettualmente e nella vita di relazione, sia di rendersi utili, mettendo a disposizione degli altri il proprio tempo, le proprie capacità e la propria esperienza. In questo modo, si conserva e accresce il gusto della vita, fondamentale dono di Dio. D’altra parte, con tale gusto della vita non contrasta quel desiderio dell’eternità, che matura in quanti fanno un’esperienza spirituale profonda, come ben testimonia la vita dei Santi. […]


Un augurio di vita

17. In questo spirito, mentre vi auguro, cari fratelli e sorelle anziani, di vivere serenamente gli anni che il Signore ha disposto per ciascuno, mi viene spontaneo parteciparvi fino in fondo i sentimenti che mi animano in questo scorcio della mia vita, dopo più di vent’anni di ministero sul soglio di Pietro, e nell’attesa del terzo millennio ormai alle porte. Nonostante le limitazioni sopraggiunte con l’età, conservo il gusto della vita. Ne ringrazio il Signore. E bello potersi spendere fino alla fine per la causa del Regno di Dio.
Al tempo stesso, trovo una grande pace nel pensare al momento in cui il Signore mi chiamerà: di vita in vita! Per questo mi sale spesso alle labbra, senza alcuna vena di tristezza, una preghiera che il sacerdote recita dopo la celebrazione eucaristica: In hora mortis meae voca me, et iube me venire ad te - nell’ora della morte chiamami, e comanda che io venga a te. E la preghiera della speranza cristiana, che nulla toglie alla letizia dell’ora presente, mentre consegna il futuro alla custodia della divina bontà.

18. "Iube me venire ad te!": è questo l’anelito più profondo del cuore umano, anche in chi non ne è consapevole.
Dacci, o Signore della vita, di prenderne lucida coscienza e di assaporare come un dono, ricco di ulteriori promesse, ogni stagione della nostra vita.
Fa’ che accogliamo con amore la tua volontà, ponendoci ogni giorno nelle tue mani misericordiose.
E quando verrà il momento del definitivo "passaggio", concedici di affrontarlo con animo sereno, senza nulla rimpiangere di quanto lasceremo. […]

John Philipp, Fede,1864, Londra, Guildhall Library & Art Gallery.