Letteratura

Lev Tolstoj, Le fanciulle più sagge degli uomini, XIX secolo

La settimana santa cadeva presto quell’anno. La gente aveva appena smesso di girare in slitta e nei cortili c’era ancora la neve che si scioglieva in rivoli per tutto il villaggio. Una grossa pozza s’era formata tra due corti, in un vicoletto a ridosso della concimaia. E un giorno due bambine, che abitavano in quei due cortili, incontrarono vicino a questa pozza, e una bambina era più grande e l’altra più piccina. Le madri delle bambine le avevan vestite tutt’e due, con i sarafàn nuovi. La piccola ce l’aveva azzurro, quella un poco più grande giallo, rabescato. A entrambe avevan messo dei fazzoletti rossi in capo. Dopo la messa le bambine si recarono alla pozza, si mostrarono le vesti, e si misero a giocare. E venne loro voglia di schizzarsi l’acqua addosso.
La piccola voleva persino entrare con le scarpette nella pozza, ma quella grandicella disse: "Non entrarci, Malaša, tua mamma ti sgriderà. Facciamo così mi leverò le scarpe, e tu farai lo stesso".
E si levarono le scarpe, le ragazze, e andarono l’una verso l’altra nella pozza. Malaša entrò fino alla caviglia e disse: "È profonda, Akùljuška, ho paura".
"Ma fa niente", le risponde, "più profonda di così non diventa. Vieni dritta verso di me".
Cominciarono ad avvicinarsi. E Akùljuška disse: "Malaša, sta’ attenta a non schizzare, fai piano piano".
Aveva appena fatto a tempo a dire queste parole che Malaša pumfete! affondò col piede nell’acqua, e lo schizzo andò a dritto sul sarafàn di Akùljuška. Il sarafàn si inzaccherò tutto, e il fango le andò a finire fin sul naso e negli occhi. Akùljuška vide le macchie sul sarafàn, si infuriò con Malaša, si mise a imprecare, la rincorse, voleva picchiarla. Malaša si spaventò, vide il guaio che aveva combinato, saltò fuori dalla pozza, corse verso casa. Passava di lì la madre di Akùljuška, e vide il sarafàn inzaccherato della figlia e la camicia insudiciata.
"Dove ti sei insudiciata a questo modo, disgraziata?".
"E stata Malaša, l’ha fatto apposta a schizzarmi".
La madre di Akùljuška afferrò Malaša, le dette una sberla sulla nuca. Malaša si mise a urlare, e le sue urla si udirono per tutta la strada. E venne fuori la madre di Malaša.
"Perché stai picchiando la mia piccina?", investì bruscamente la vicina. Una parola tira l’altra, e le due babe si misero a litigare. Saltarono fuori i mužikì, nella via si radunò una gran folla. Gridavano tutti, e nessuno dava ascolto all’altro. Litigavano, bestemmiavano, cominciarono a spintonarsi, ne venne fuori una mezza rissa, e allora intervenne una vecchia, la nonna di Akùljuška. Si mise in mezzo ai mužikì. e provò a convincerli.
"Che fate, miei cari? In giornate come queste? Bisognerebbe avere il cuore pieno di gioia, e invece vi siete messi a peccare".
Non ascoltarono la vecchia, quasi la buttarono a terra. E la vecchia non sarebbe mai riuscita a farli ragionare se non fosse stato per Akùljuška e Malaša. Mentre le babe bisticciavano fra loro, Akùljuška aveva fatto asciugare il suo sarafàn, e se ne era tornata nel vicoletto, alla pozza. Una volta lì, aveva sollevato una pietra e si era messa a rimestare la terra accanto alla pozza, in modo da sospingere l’acqua verso la strada. Mentre rimestava, le si era avvicinata anche Malaša, che aveva cominciato a darle una mano, a scavare un canaletto aiutandosi con un pezzo di legno. I mužikì stavano per azzuffarsi quando le bambine riuscirono a incanalare l’acqua verso la strada, e l’acqua vi si riversò come un torrente. Le bambine misero nell’acqua il pezzo di legno. Il legno andò a finire sulla strada, dritto verso il punto in cui la vecchia aveva cercato di separare i mužikì. Corrono le bambine, una da una parte e una dall’altra del ruscello.
"Tienilo, Malaša, tienilo!", grida Akùljuška. Anche Malaša vuole dire la sua, ma non riesce a parlare dal gran ridere.
Così corrono le bambine, ridono di quel pezzo di legno, per come sprofonda sott’acqua per poi tornare a galla. E corsero dritto nel mezzo dei mužikì. La vecchia le vide e disse ai mužikì.
"Abbiate timore di Dio! Voi, mužikì, stavate per azzuffarvi a causa di queste bambine, e loro da un pezzo hanno già dimenticato tutto, e son di nuovo d’amore e d’accordo che giocano, da brave. Son più furbe di voi!".
I mužikì guardarono le bambine, e provarono vergogna. E poi si misero a ridere di se stessi, e tornarono nei loro cortili.
"Se non sarete come i fanciulli non entrerete nel regno dei cieli".