Testimoni d'eccezione

Sappiamo con certezza che Dante Alighieri (1265-1321) fu a Roma per conto del Comune di Firenze, per affari politici, dunque. Meno certa è la sua presenza nell'Urbe nell'anno 1300, in occasione del primo Giubileo. Tuttavia, in un passo del Canto XVIII dell'Inferno Dante descrive, con la precisione di un testimone oculare, la folla che attraversa il ponte di Castel Sant'Angelo e che, per l'occasione, è costretta a procedere a "doppio senso", per non creare intralci alla circolazione.

Nel fondo erano ignudi i peccatori;
dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,
di là con noi, ma con passi maggiori,
come i Roman per l'esercito molto,
l'anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
che da l'un lato tutti hanno la fronte
verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
da l'altra sponda vanno verso 'l monte.
(Inferno XVIII, vv. 25-33)

Il ponte di Castel Sant'Angelo.

Il poeta definisce romei i pellegrini che si recano a Roma, per distinguerli dai palmieri, diretti a Gerusalemme, e dai peregrini, che percorrono il cammino verso Santiago di Compostela.

In altri passi della Commedia, Dante descrive anche la famosa "Pigna" di San Pietro, oggi custodita nei Giardini Vaticani e il Velo della Veronica che, al tempo, era posta all'ingresso dell'antica basilica costantiniana.

Francesco Petrarca (1304-1374) fu sicuramente a Roma nel corso del Giubileo del 1350. Oltre a un chiaro riferimento alla Veronica nel Sonetto XVI del Canzoniere, è il poeta stesso a dirlo: dopo aver precisato che quella è la sua quinta visita alla città eterna, aggiunge: "Così finalmente arrivi a Roma, la quale chiunque non vide, è temerario se ammira altre città. E, come la fortuna del popolo romano faceva che l'aspetto dell'Urbe talora divenisse più bello, così l'anno giubilare farà che quello sia come già mai, spiritualmente giovevole. Il pellegrino visiterà i sepolcri degli Apostoli, vedrà l'effige del volto del Signore (Familiarum Aerum Libri)".

Giovanni Pascoli (1855-1912) fu presente al rito di chiusura della Porta Santa nel Giubileo del 1900. Vedendo papa Leone XIII sigillare la porta, volle esprimere il senso di separazione tra vita terrena e salvezza celeste, tra tempo ed eternità,  nel componimento intitolato, appunto, La Porta Santa. Ne proponiamo la strofa conclusiva.

Non ci lasciar nell'atrio
del viver nostro, avanti
la Porta chiusa, erranti
come vane parole;
ad aspettar che l'ultima
gelida e fosca aurora
chiuda alle genti ancora
la gran porta del sole:
quando la Terra nera
girerà vuota, e ch'era
Terra, s'ignorerà.

La basilica costantiniana di San Pietro (IV secolo), in una ricostruzione di Henry William Brewer (1892).